Quadretti di parole - Le mie donne
- Maria Caterina Comino

- 9 mag 2018
- Tempo di lettura: 4 min
Il primo racconto del mio primo libro. Un racconto pieno di sensazioni e di poesia. La protagonista si è appena laureata. Ha bisogno di una vacanza. La sua vacanza. Da sempre, durante l'estate, trascorre le vacanze con la zia Sissi che abita al mare. Un angolo di mare isolato, selvaggio. Nella vecchia casa, con la darsena, la spiaggetta, il piccolo frutteto, l'orto. Un angolo di pace e serenità. La zia è una donnina deliziosa, un po' burbera, semplice, coinvolgente. Nella vecchia casa tutto resta immutato nel tempo. Il grande albero di fichi, nell'orto, anno dopo anno, regala grandi frutti maturi. La nostra protagonista trova i gusti e i profumi della sua infanzia. Pensa che sua zia sia una donna sola, isolata, ma poi si renderà conto che tutto il paese l'ama e che gira intorno a lei. E' una donna attiva, ben introdotta nel tessuto sociale del paese, serena e soddisfatta della sua vita semplice. Riceve da lei il più grande insegnamento della vita: la soddisfazione nelle cose semplici. La marmellata di fichi, le crostate, gli abiti di cotone ricamati, i diari che raccolgono i pensieri nati dall'osservare il mondo che le circonda. La vita di questa giovane protagonista si svolgerà tutta nella casa della zia, nella sua memoria. Quando, ormai anziana, arriverà la sua nipotina, si renderà conto che la serenità di quella casa si perpetuerà nella gioia di una nuova vita. Quell'insegnamento di semplicità e soddisfazione sarà un nuovo giro di ruota. Un dono che passa di donna in donna. Al mare.
"M’incammino verso il paese, ma poi, invece di entrarci, prendo una stradina a destra. È una stretta strada sterrata in mezzo ad una pineta ombrosa. Al fondo del sentiero c’è la casa di Zia Sissi. È quasi mezzogiorno, il caldo fa aumentare l’odore delle piante e il frinire delle cicale. L’aria è calda e spessa, ha un profumo così intenso che toglie il fiato e il frinire delle cicale è assordante. Cammino per un po’ e dopo una curva, vedo apparire la casa in fondo al sentiero: è ogni anno più vecchia, più scrostata, ma è una vecchia casa con i muri spessi e, nonostante gli anni, resta in piedi. È uguale a Zia Sissi. Anche lei è ogni anno più vecchia, eppure sta bene e vive tranquilla passando in mezzo agli inverni freddi e alle estati torride, senza accorgersene. Lascio la valigia sotto il portico e vado a cercarla. Non è pensabile che sia in casa. Non ci sta mai. Scendo verso il “Francobollo”. È così che si chiama la spiaggetta di sassi che la Zia ha in dotazione dal Demanio. Una spiaggia così piccola, così sassosa, che il Demanio non vorrebbe neanche considerarla spiaggia. La Zia ci ha messo una casetta di legno, che chiama pomposamente “Darsena”, da cui tira fuori una sdraio sbiadita e un ombrellone ancora più sbiadito. Da quando ho memoria, l’ombrellone e la sdraio sono bianchi e azzurri, a righe, e sono sbiaditi. Il legno è grigio chiaro, le stecche dell’ombrellone sono arrugginite. Eppure non cedono. È come se tutto restasse immutato solo per amore di Zia Sissi. Sulla sdraio c’è Zia Sissi addormentata. La faccia è coperta da un cappellone di paglia arancione, molto improbabile. Sulla sua pancia c’è un quaderno e gli occhiali. - Zia Sissi, sono arrivata! – - Ciao, cara Susanna, non stavo dormendo, sai? Ti stavo aspettando. - Lo so, Zia. Ho discusso la tesi e sono partita subito. Ti puoi immaginare mamma e papà… - Hai dato la tesi? E per cosa? Com’è andata? - Bene! Ho preso il massimo. - Non avevo dubbi. Adesso ti chiamo dottoressa Sissi. - Ti prego, non ci sono ancora abituata… - Va là, sei nata dottoressa. È la tua strada. Quanto ti fermi? La camera non è pronta. Credo di avere quasi niente in frigorifero… - Non ti preoccupare, risolvo tutto da sola. Era troppa la voglia di vederti, per mettere altro tempo in mezzo. - Sei proprio come me, e com’era tua madre alla tua età. A proposito, stanno bene i tuoi? - Tutti bene. Ti salutano. - Vieni, è ora di pranzo. Andiamo a casa. Risaliamo il sentiero, e in mezzo al prato c’è la Casa. È una vecchia casa con i muri spessi, dipinti di bianco, ma ormai molto scrostati. Ha un portico con il pavimento di legno e due scalini. Quando appoggio i piedi sul pavimento, scricchiola. Anche la porta si apre cigolando. Mi fermo sotto il portico e trattengo il fiato. Sto aspettando la frase magica, di ben venuto: <<Togliti le scarpe e lasciale fuori.>> Zia Sissi dice la stessa cosa da sempre. Le scarpe non le rimetterò più sino alla mia partenza. Me le tolgo e le metto nella cassapanca vicino all’ingresso. La sensazione dei piedi nudi sul pavimento è fantastica, li guardo: sono pallidi, un po’ sudati e segnati dalle scarpe. Ho la netta impressione che si stiano allargando, come se volessero occupare tutto lo spazio possibile. Entro in casa e sento il cic-ciac sulle mattonelle. È lo stesso allegro cic-ciac che facevo con i piedini di bambina e che fa mia zia."

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