Il guardiano del faro - Il viale dei baobab
- Maria Caterina Comino
- 9 mag 2018
- Tempo di lettura: 2 min
Quando una mia amica mi ha fatto vedere la fotografia di un faro, circondato dal mare in tempesta, abbiamo incominciato a fantasticare su quanto sarebbe stato bello passare qualche giorno così, in mezzo al mare, circondati da un fazzoletto di terra, in balìa delle onde. Poi, ci siamo lasciate prendere la mano e abbiamo immaginato come potesse essere il guardiano del faro... Ebbene, sono arrivata a casa e, ancora con la fantasia accesa dalle chiacchere, ho incominciato a scrivere. Il racconto è incominciato come avevamo immaginato poco prima, ma poi, le mie mani, sulla tastiera, mi hanno portato verso un'altra storia. Niente storia romantica, sdolcinata e scontata, ma una vera storia di fantasmi, surreale, contorta quanto basta per sembrare vera quando si parla di maledizioni e fantasmi, appunto. La mia amica ha apprezzato il colpo di scena. E voi?
"In mezzo al mare c’è il faro. Una barca si stacca dall’isola e si dirige verso la spiaggia. Quando un uomo alto e biondo scende dalla barca, Valeria pensa alle sue paure e arrossisce visibilmente.
- Buongiorno, sono Valeria. Lieta di conoscerla.
- Buongiorno, mi chiamo Ettore. Ben venuta. Andiamo? Non posso stare lontano dal faro per troppo tempo.
- Perché?
- Perché devo tenere d’occhio la lampada e controllare le navi che si avvicinano.
- Di giorno?
- Si. Di giorno la luce è spenta, ma le navi potrebbero avvicinarsi troppo.
- Capisco. Andiamo pure.
La traversata è rapida, giusto il tempo di osservare quest’uomo molto più alto di lei, discretamente muscoloso, abbronzato, biondissimo, con un abbigliamento molto marinaro: jeans e maglia a strisce. Sicuramente demodé avrebbe detto la sua amica Tiziana, grande esperta di abbigliamento alla moda.
Valeria sorride tra sé e sé. Quando la scialuppa tocca la spiaggia, Ettore scende e prende le valigie; Valeria si toglie le scarpe, arrotola i pantaloni e mette i piedi sulla sabbia fredda, a Ettore non è passato per la testa di aiutarla.
Ettore prende le valigie di Valeria e le porta in una stanzetta con il pavimento di legno grezzo, una finestrella tonda e un letto in ferro battuto. In un angolo c’è una vecchia sedia impagliata su cui Ettore appoggia la valigia. Il sole filtra dalla finestrella rivelando un’aria polverosa. Valeria entra nel faro e si guarda intorno, per capire dov’è la sua stanza, segue il suono dei passi di Ettore. Quando entra nella stanza, si guarda intorno. Doveva essere carina, una volta, adesso è solo una vecchia stanza con i muri un po’ scrostati, i mobili scuri e un po’ malandati.
- Spero ti piaccia. È una delle tante cose da risistemare.
- Andrà benissimo.
- Il bagno è qui di fronte. La cucina e il salotto sono all’ingresso, lo hai visto.
- Si. È tutto molto caratteristico. Certo c’è bisogno di una mano di bianco e una bella spolverata.
- Avrai molto tempo.
- Cosa vuoi dire?
- Svuota la valigia e fatti il letto. Ti aspetto di là per fare l’elenco dei lavori.
Valeria vorrebbe richiudere la valigia e andare via, Ettore non ha certamente i modi di fare di un albergatore: ha modi di fare molto asciutti e spartani, lo sguardo è sempre corrucciato. Un brivido le percorre la schiena e la sensazione che le solletica la nuca non è certamente gradevole; Valeria pensa che i prossimi 15 giorni saranno molto lunghi."
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